Erano ferme sulla sponda opposta di un fiume e lo chiamavano. Divinità lacere che si trascinavano coi loro stracci attraverso quella terra desolata. Sul fondo asciutto di un oceano minerale, crepato e spaccato come un piatto caduto a terra. Tracce di fiamme funeste tra le sabbie coagulate. Le figure svanivano in lontananza. Si svegliò e rimase steso nel buio.
Gli orologi si fermarono all’una e diciassette. Una lunga lama di luce e poi una serie di scosse profonde. Lui si alzò e andò alla finestra. Cosa c’è?, disse lei. Lui non rispose. Andò in bagno e premette l’interruttore ma la corrente era già andata via. Un debole bagliore rosato alla finestra. Lui si chinò su un ginocchio e alzò la levetta per bloccare lo scarico della vasca e aprì al massimo tutti e due i rubinetti. Lei era ferma sulla porta in camicia da notte, aggrappata allo stipite, una mano a sostenere il pancione. Cosa c’è? Che succede?
Non lo so.
Perché ti fai il bagno?
Non mi faccio il bagno.
Una volta, in quei primi anni, si era svegliato in un bosco spoglio ed era rimasto ad ascoltare gli stormi di uccelli migratori sopra di lui in quell’oscurità feroce. I loro stridii smorzati a chilometri di altezza, là dove volavano insensatamente intorno alla terra come insetti sul bordo di una ciotola. Gli augurò buon viaggio e poi scomparvero. Non li sentì mai più.
Aveva un mazzo di carte trovate nel cassetto di una scrivania in una casa. Le carte erano logore e consunte e mancava il due di fiori, ma a volte ci giocavano lo stesso, avvolti nelle coperte alla luce del fuoco. Lui cercava di ricordarsi le regole dei giochi che faceva da bambino. Rubamazzo. Una versione particolare di scala quaranta. Era sicuro di fare un sacco di errori e allora inventava giochi nuovi cui dava nomi inventati. Fuscello Gigante o Vomito di Gatto. A volte il bambino gli faceva domande sul mondo, che per lui non era nemmeno un ricordo. L’uomo rifletteva a lungo su come rispondere. Non c’è nessun passato. A te come piacerebbe? Ma poi smise di inventarsi le cose perché neanche quelle erano vere e raccontarle lo faceva star male. Il bambino aveva le sue fantasie. Come sarebbe stato nel Sud. Altri bambini. Lui cercava di tenerle a freno ma senza troppa convinzione. E chi al posto suo?
Nessuna lista di cose da fare. Ogni giornata sufficiente a se stessa. Ogni ora. Non c’è un dopo. Il dopo è già qui. Tutte le cose piene di grazia e bellezza che ci portiamo nel cuore hanno un’origine comune nel dolore. Nascono dal cordoglio e dalle ceneri. Ecco, sussurrò il bambino addormentato, io ho te.
Ripensò alle foto della moglie sulla strada e si disse che avrebbe dovuto tentare di farla restare nelle loro vite, ma non sapeva come. Si svegliò tossendo e si allontanò dal telo per non svegliare il bambino. Lungo una parete di roccia nel buio, avvolto nella coperta, inginocchiato nella cenere come un penitente. Tossì fino a sentire il sapore del sangue e disse il nome di lei a voce alta. Pensò che forse l’aveva pronunciato anche nel sonno. Al suo ritorno i bambino era sveglio. Scusa, gli disse.
Non fa niente.
Rimettiti a dormire.
Vorrei essere con la mamma.
Lui non rispose. Si sedette accanto al corpicino avvolto nelle trapunte e nelle coperte. Dopo un po’ disse: nel senso che vorresti essere morto?
Si.
Non devi dire così.
Però è vero.
Non lo dire. E’ una cosa che non si deve dire mai.
Non lo faccio apposta.
Lo so. Però devi trattenerti.
E come faccio?
Non lo so.
Siamo dei sopravvissuti, le disse, guardandola oltre la fiamma della lampada.
Sopravvissuti?, disse lei.
Si.
Dio mio, ma cosa stai dicendo? Non siamo dei sopravvissuti. Siamo dei morti viventi in un film dell’orrore.
Ti prego.
N on me ne importa. Non m’importa se piangi. Mi lascia del tutto indifferente.
Per favore.
Piantala.
Ti supplico, farò qualunque cosa.
Tipo cosa? Avrei dovuto farlo tanto tempo fa. Quando nella pistola c’erano tre pallottole invece di due. Sono stata una stupida. Ne abbiamo parlato in abbondanza. Non mi ci sono cacciata io in questa situazione. Mi ci hanno cacciata. Adesso però basta. Ho perfino pensato di non dirtelo proprio. Probabilmente sarebbe stato meglio. Hai due pallottole, e poi?Non puoi proteggerci. Dici che per noi daresti la vita, ma a che servirebbe?Non fosse per te mi porterei dietro anche lui. Sai che lo farei. Sarebbe la cosa più giusta.
Stai farneticando.
No, sto dicendo la verità. Prima o poi ci prenderanno e ci ammazzeranno. Mi stupreranno. Stupreranno anche lui. Ci stupreranno, ci ammazzeranno e ci mangeranno e tu non vuoi affrontare questa verità. Preferisci a spettare che succeda. Ma io non posso. Non ce la faccio. Era seduta lì e fumava un rametto secco di vite come se fosse un sigaro pregiato. Lo reggeva con una certa eleganza, mentre con l’altra si teneva le ginocchia strette al petto. Lo guardò attraverso la piccola fiamma. Un tempo parlavamo della morte, disse. Adesso non ne parliamo più, come mai?
Non lo so.
Perché adesso è qui. Non c’è più niente di cui parlare. Io non ti abbandonerei mai.
Non me ne importa. Non ha senso. Se vuoi considerami pure una puttana infedele. Mi sono fatta un nuovo amante. Mi dà quello che tu non puoi darmi.
La morte non è un amante.
Per favore, non farlo.
Mi dispiace.
Io non ce la faccio da solo.
E allora pazienza. Io non ti posso aiutare. Dicono che le donne sognano i proprio cari in pericolo mentre gli uomini sognano di essere in pericolo per loro. Ma io non sogno per niente. Dici che non ce la fai? E allora lascia perdere. Punto e basta. Perché io ho chiuso con questo mio cuore. Di puttana, e da parecchio. Tu parli di resistere, ma resistere per cosa? Il mi cuore si è spezzato la notte che è nato lui, quindi adesso non chiedermi di provare dolore. Non ne provo. Magari tu te la caverai bene. Ne dubito. Ma non si sa mai. L’unica cosa che posso dirti è che sopravviverai per te stesso. Lo so perché io non sarei mai arrivata fino a qui. Le persone che non hanno nessuno farebbero bene a imbastirsi qualche fantasma decente. Dargli il soffio della vita e convincerlo a proseguire con parole d’amore. Offrirgli ogni minima briciola e proteggerlo dal male con i proprio corpo. Quanto a me, spero solo di raggiungere il nulla eterno, e lo spero con tutto il cuore..
Lui non rispose.
Non hai argomenti perché non ce ne sono.
Non lo saluti nemmeno?
No.
Almeno aspetta fino a domattina. Ti prego.
Devo andare.
Era già in piedi.
Per l’amor di Dio, donna. E io che cosa gli dico?
Non ti posso aiutare.
Dove andrai? Non ci vedi nemmeno.
Non ho bisogno di vederci.
L’uomo si alzò. Ti prego, le disse.
No. Non insistere. Non posso.
Se ne andò e la freddezza di quel commiato fu il suo ultimo dono. L’avrebbe fatto con una scheggia di ossidiana. Gliel’aveva insegnato lui stesso. Più affilata dell’acciaio. Il taglio dello spessore di un atomo. E aveva ragione lei. Non c’erano argomenti. Quel centinaio di notti che avevano passato svegli a discutere sui pro e i contro dell’autodistruzione con il fervore dei filosofi incatenati alle pareti di un manicomio. L’indomani il bambino non disse una parola e quando furono pronti a rimettersi in marcia si voltò a guardare il punto in cui si erano accampati per la notte e disse: Se n’è andata, vero? E lui rispose: si, se n’è andata.
Erar
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