19 novembre 2007

"A spasso con Charlot..."



Qualche mese fa ho fatto una passeggiata con Charlie Chaplin, una passeggiata che è durata poco più di cento pagine. Charlot le ha scribacchiate a circa ventisette anni, quando ha deciso di svignarsela dal bianco e nero delle sue bobine, per fare un viaggio a colori in giro per l'Europa. Allora con i suoi film faceva il solletico a tutto il mondo. Quando si sapeva dove l'omino col bastone sarebbe arrivato, folle a dir poco lo aspettavano e si mettevano a giocare a "ruba Charlot", finché Charlie sgattaiolava via senza un bottone o con la giacca strappata. Negli alberghi in cui alloggiava si prenotava per due, una camera per lui e una per i suoi sacchi di lettere. Queste brulicavano di bizzarre richieste,come il pagamento di una pigione o dei denti finti della nonna di una famiglia di poveracci. I suoi occhi vedevano abbagliati dai flash, e nelle sue orecchie abitava il fruscio delle penne che si muovevano sui foglietti dei giornalisti. Ad ogni domanda si intimidiva, come un bimbo che vuole nascondersi dietro la tenda di una finestra, per fare capolino dalla stoffa solo quando tutti saranno usciti dalla sua stanzetta.
Durante la nostra passeggiata abbiamo incontrato Orson G. Wells e siamo tornati nella fumosa Londra, dove da bambino aveva vissuto la sua vita a toppe. Qui Charlot mi ha fatto vedere come guarda il mondo. Mi ha mostrato come nella bombetta della comicità, prima di ogni altra cosa, egli metta stralci di umanità, quell'umanità che porta dentro di sè e che, riconoscendosi in lui, gli si avvicina in ogni dove. Oggi vorrei aprire una pagina di questo suo diario e della nostra passeggiata, così che anche voi possiate fare qualche passo con Charlot e fermarvi dove ci siamo fermati noi...

"Mi allontano verso il ponte. Eccolo, identico, lo stesso vecchietto cieco che vedevo sotto il ponte quando ero un ragazzetto di cinque anni, con lo stesso berretto calcato sulle orecchie, con le spalle appoggiate al muro, sullo sfondo eterno dell'acqua grassa e mormorante che fluisce dietro il ponte, alle sue spalle. Gli stessi stracci, resi un pò più verdi dagli anni, lo stesso cespuglio spinoso di baffi, sale e pepe, zebrati di tutti i colori dell'arcobaleno. Che simbolo impressionante del tempo trascorso. Gli abiti un pò più verdi, un pò più grigi la baffa e la barba... Ha negli occhi lo sguardo fisso che mi sconvolgeva tanto, quand'ero bambino. E' esattamente quello di prima, solo un pò più malandato. Eppure un mutamento c'è. Non vedo più al suo fianco il tappetino sdruscito su cui era accoccolato il cagnolino malaticcio dagli occhi acquosi, il suo fido compagno. Vorrei conoscere la storia del cagnolino sparito. la sua sparizione ha avuto un gran peso sull'esistenza di quel derelitto? E' morto tragicamente, violentemente o di morte naturale? Il vecchio mendicante sta decifrando a fatica lo stesso capitolo della sua vecchia Bibbia accartocciata e sporca. Le sue labbra si muovono silenziosamente, le dita errano sulla pagina. Mi domando se quella lettura lo conforta. Avrà poi bisogno di conforto? E' uno spettacolo orribile. Quel cieco personifica per me la povertà nel suo stadio più abbietto, quell'inerzia che è l'ultima forma della disperazione."



WhiteRabbit



Nessun commento: