11 novembre 2007

"Re Ginestra"




A Jean Genet



Re Ginestra,
scrivi e lasciami appesa ai tuoi versi,
che con sensuale insolenza si infiltrano sotto le mie stoffe,
e solleticano la pelle come zampette di vedova nera.
Voglio che siano ancora il gatto malizioso che si struscia addosso,
profumandomi dell'odore del suo pelo,
che sa di seni e torsi marmorei appena carezzati.
Somministrami ancora le tue parole,
sonniferi per la fanciullezza,
e code di diavolo che strisciano sulla terra scansando nobiltà.
Cucimi al suolo con le tue frasi,
guardami, e scrivine ancora,
perché mi lambiscano,
lingue di amore,
lingue di miseria,
lingue di tradimenti e depravazione.

Ladro
che con la poesia fruga nell'anima
e lentamente ne sfila innocenza.
Hai sedotto e rapito la mia.
Ora siede davanti ad un vecchio specchio appeso sopra a un comò
e tu, le sei alle spalle.
Le passi la cipria
e lei se ne adorna.
Le passi il rossetto
e le sue labbra diventano rosse come una ferita inferta da poco.
Accendi una sigaretta
e, dopo una boccata,
la infili in un bocchino d' argento
che l'indice e il medio vezzeggiano per un pò.
Innocenza ti guarda
e timidamente dischiude la bocca.
Tu allunghi il fumo sul suo viso
e poi le porgi il bocchino.
Lei lo stringe,
mentre le tue dita premono sulle sue labbra sporcandosi appena di rosso.
Lei inizia ad aspirare,
e tu la contempli diventare donna soffiando il suo vizio.

Re Ginestra,
Su questo foglio io vi unisco.
Innocenza era mia e ora ti appartiene.
Si è prostituita alla tua scrittura,
perché io volevo che continuasse a toccarmi.
Allora,
adesso che è irrimediabilmente corrotta,
trattala come tratti tutto ciò che è reietto:
scrivi per lei,
e falla rinascere fiore tra i fiori inquinati del tuo giardino.





WhiteRabbit

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