28 marzo 2008

" Patti Smith - Amore di mimo"





Da "Presagi di Innocenza"




Venite mimi belli non date fastidio alla neve Possiamo asciugare l'acqua certo dopo che ve ne sarete andati Sedete se potete o sulle ginocchia di qualche Mimo Lasciateci vedere se conosciamo chi siete
CANTO TRADIZIONALE*

Una faccia premuta sulla mia. Un buco nero che semina un bacio, un chiassoso grido. Non era crudeltà neppure insulto, ma un'eccentrica forma d'amore universale. Un impulso di grande gioia narcotica. Uno degli ordini più bassi, un mimo solitario di Conception Bay, che prendeva parte agli scatenati giochi lontano da casa. Pigiò la sua faccia sulla mia, poi barcollò via, urlqando, mentre io, piccola e vergognosa, tentavo di asciugare la macchia di una vaga inziazione alla festa della vita.

Abbandonai la mascherata tra schiere di grottesche orchestre ad archi che spillavano denaro in Market Street. Attravresando il cuore di Filadelfia corsi verso il Municipio, sormontato dalla figura imponente di William Penn, che abitava sul mio essere spaventato.

Fratelli dalla faccia nera splendidamente vestiti che rincorrono ragazzini e frustano le loro gambe. Chiacchieroni vistosi che si pavoneggiano in strada e fanno balli rozzi. persona smarrite vagano trascinando piume sulla neve sciolta mista a fango che schizza, come i minuscoli cristalli di ghiaccio formati sulle mie calze.

Non mi riunii agli altri bambini che lanciavano monetine sulla tomba di Ben Franklin, gridando buona fortuna, buona fortuna. Ma qualcosa mi colpì quando raschiai il trifoglio dalle mie scarpe. Perché dovrebbe esserci un trifoglio? Fui guidata nella neve. Perché dovrebbe esserci trifoglio - ciascuno con quattro foglie, vantando la fortuna della sua casta?

Fui lasciata lì a chiedermi perché edi tanto sdridulo sciamare, con il mio cappotto scozzese e il berretto di lana fui scelta dal Re degli Sciocchi per un setoloso bacio al cerone. Mi contraddistinse, nel cuore, anno dopo anno. Assalita dalla febbre invernale, non più morta, tentai veramente di spellare l'amore del mimo.

Il mio cappotto puzzava. La mia faccia era fuligginosa e aveva le lacrime d'indignazione. Davvero non importava. Davvero non importa ora. Posso renderlo importante oppure non farlo. Posso essere beata o morta. Posso essere generosa o un ramo avvizzito. Ardo dal desiderio di vedere, di udire quello che ho creato. Gli umori precipitano nell'impossibile scolo facendo scendere l'acqua nel modo sbagliato a spirale. Ardo dal desiderio di udire quello che faccio e non sopravvivervi. Non sopravvivervi.


oh libro rubato mia salvezza nessun dolce crimine nessuna fragranza mesmerica nessuna neve così leggera quanto la semplice tua conoscenza marinaio rimbaud di fronte alle parole nascoste nel mio camiciotto così vicine al mio petto

- bozza officina del piscio

Gli anni mi videro crescere con membra goffamente lunghe inesplicabilmente cane sciolto.
Cercai un mio simile e non ne trovai nessuno. Come tu mi liberasti. Le tue mani zotiche attraverso il tempo giunsero ad avvolgere il mio giovane cuore. Le tue poesie, trovate in una bancarella della stazionedelle corriere che frequentavo sognando la fuga, furono il biglietto per uscire dalla mia esistenza da reclusa. parole che io non potevo comprendere e che tuttavia, decifrata dal sangue, un'adolescenza illuminata. Armata di te abbandonai il sofficamento rurale del New Jersey meridionale battei le strade dei nostri antenati per la New York City dei poeti ratti e del transito pubblico. Ho scritto con la tua immagine sul mio tavolo da lavoro, giurando un giorno di ripercorrere il tuoi pasi vestita col berretto di lana e il cappotto del mio stesso presente.

Questa mattina, entrando nella tua città, ho camminato per le strade che hai disprezzato, le strade che amo perché tu le hai disprezzate. Dormo a due passi di distanza dal sonno di tuo figlio e mi desto per sentire te che mi chiami. Mi accorgo che gironzoli presso il fiume, desiderando che io mi alzi.

Andrò alla stazione ferroviaria di Roche, per toccare le rovine del muro della fattoria dove hai pianto Una stagione all'inferno mentre le tue sorelle mietevano i campi.

Camminerò per la strada che tu hai corso come un ragazo dalle membra vigorose. la strada su cui hai continuato con u7na gamba, a faccia in giù si una barella, affiancato dalla sofferenza che non amava compagnia - la via verso Marsiglia, verso una nave che tornava in Abissinia, per scendere nell'albisso, il buco nero dell'amore universale.

Sarò alla stazione di Roche. Piscerò nell'orinatoio in cui hai pisciato tu. Un giovane che maledice l'esistenza. E poi uomo morente. Mi rannicchierò e mi alzerò. Starò in piedi. Ti darò i miei arti, non sono più giovani ma sono ugualmente vigorosi.

I mimi non chiedono nulla in cambio. Donano gesti dopo gesti. poi se ne vanno. Immagino che hai dato gloria all'orinatorio di Marsiglia e loro l'hanno gettato nel fiume - una ghirlanda abbandonata dove siedono i ratti, usandola come nido. A. Rimbaud, il poeta dei topi coronato d'alloro.

Ratto è tutto ciò che sono stata, guizzando attraverso le strade della città dell'amore fraterno. Sono qui fratello mio. Sono qui dove tu sei stato e sento che potrei trovarti ad aspettarmi, solo se uscissi da questo torpore per muoveri nelle strade vuote. Conosco la tua solitudine con cui ho voluto comare la mia. Ma non sono più solitaria. Sono vicino a un'ombra. Continuo a sentire. Ardo dal desiderio di spellare l'ultima faccia colpita dall'amore di mimo e dare l'impressione di una festa. Per il nuovo. Per l'anno nuovo. E non è chiaro perché si sia radicata in me. Mi ha scelto quel pagliaccio di fantasma, informe. pare che mi abbia marchiata per sempre, forse, in questo momento mentre io spello l'ultima faccia. L'ultima fase della mia esistenza. Come leggi. Come ho scritto. Come sono andata via.

Inverno senza semi. Eppure scaturisce la vita. Ci dovrebbero essere i fuochi d'artificio. E' il giorno dell'Indipendenza. Il cielo, che non posso vedere, brulica di ruopte colorate e so che i santi sono stasi distesi su graticole incandescenti. Ragazze graziose ciome steli e preti tetri. Tutto conpreso in una foglia pressata in un libro. Il libro dell'estate quand scrivevo dell'inverno. Il libro della vita che raccnta della morte: Ognuno porta un vadavera sul polso. Solo una cordicella, ma un cadavere c'è comunque. Una cosa morta che dchiara di possederci . Le tagliuzzerò tutte e lancerò tutti gli anelli nell'urinatoio in cui ti sei inginocchiato. Le tue lascrime l'hano fatto straripare. Tutto il liquame ha coperto la stazione e ti ha fatto rabbrividire. Era tanto vicino a una risata, più di quanto tu possa credere. L'immagine di una carrozza coperta di merda. Tu in piedi vestito di bianco, mentre tremi.

Una volta mi risvegliai e uddii la tua voce. Presi pezzetti di natura, in verità presi l'interezza del nosro mondo naturale. E udii i morti. Loro mi stavano chiamando. Sentiii i miei poteri. Eppure mi reai fuori nella notte. Nn mi recai fuori nel mondo. Non usai i miei poteri, ma scrissi quello che scrissi. Il mio cuore piange però gli occhi sono aridi come un letto di sale.

S'alzerà la nebbia maledetta e tutto l'alito degli infanti. M'imburrerò i capelli. Slegherò l'ultimo. Tremerò come te quando intravedrò l'inchiostro visibile che si spella sull'orlo della mia guancia. Ho danzato sull'orlo dell'ignoranza. Ho pianto sogni impossibili. Non ho confuso nulla. Sono stata in piedi nella curva della luce che mi avrebbe dovuto portare via, eppure mi ha lasviato col genere umano a cui nn sono mai appartenuta.

Tutto qui è una bagatella e non ha valore come l'arte o la confessione. Non è un capriccio. E' il tentativo di spellare un'altra putrida pelle. Il cerone dell'amore del mimo. L'onore e la macchia. E quando accadrà potrò dire che l'ho fatto. Sarò okay. Solo un bambino. Una capretta assai zoppa, eppure vigorosa, dalle zampe che ti possono sostenere. Una volta le capre corrono selvagge sull'acciottolato della città dell'amore fraterno. E io sono come loro sulla tua strada, fratello mio.

Chi può colorare un cadavere attorno al polso e l chiama bendetto? Tutto a causa dell'amore di mimo. Un cerone spesso e ruvido bacia il giorno del nuovo e dell'immacolato. Questo è quello che so. Sono qui per uno copo. Lo scopo cambia. Doni che non sono i miei. Bambini che non sono miei. Un angelo che non è mi. E questo per incontrarti all'orinatorio e prenderti dritto tra le mie braccia. Sono ancora vigorosa. Questo ricordo può penetrarmi e potrò allineare di nuovo l'argilla del mio essere. sarai tu. E il muscolo sarà nostro. Con tutti gli arti intatti. Tutti i brutali specchi rotti. Sono qui ed è già qualcosa. Sono qui, amico mio, ed è sempre stato così. tanto quanto per altre cose viventi.


* Filastrocca popolare di benvenuto ai mimi, persone mascherate che secondo una vecchia tradizione per San Silvestro e Capodanno bussano alle porte delle case e portano la buona sorte. Il testo è stato ripreso anche dalla canzone "The Mummer Song" dei Great Big Sea.



WhiteRabbit

1 commento:

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